Fino adesso hanno aderito alla manifestazione di primo marzo qui in Alto Adige:
Consulta immigranti di Bolzano
Consulta immigranti di Merano
ANPI (ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI ITALIANI)
CENTRO PER LA PACE
OEW
Associazione culturale Latinoamérica Y Su Gente
Associazione multietnica Integration
associazione nevo drom
Associazione Porte Aperte
Associazione culturale MINHAJ
CARITAS
Associazione Senegal
Verdi,
Sel
PRC (partito della rifondazione comunista)
PD
CGIL/AGB
La UIL-SGK partecipa alla campagna “Primavera antirazzista”
Pdci (partito dei comunisti italiani),
Partito Comunista dei Lavoratori (PCL)
Merano Social Forum
Area Umanitaria della FP
Cooperativa Sociale Xenia
associazione culturale ( peruviana) "Ama sua, Ama Lulla, Ama Quella"
la Cooperativa Sociale Jona
Pari Opportunità GPO-CTS della FP
lunedì 22 febbraio 2010
venerdì 19 febbraio 2010
Appello dalle università, oltre 200 docenti con “Primo Marzo”
Appello dalle università, oltre 200 docenti con “Primo Marzo”
________________________________________
To: university teaching staff
Lettera dei/delle docenti universitari/e contro il razzismo a sostegno del primo marzo, “una giornata senza di noi”
Noi docenti precari/e e docenti non precari/e delle università italiane abbiamo deciso di aderire alla giornata del primo marzo, “una giornata senza di noi”, presentando ai nostri studenti e alle nostre studentesse, dove possibile anche durante le ore di attività didattica nei giorni che precedono il primo marzo, dapprima la lettera dei lavoratori africani di Rosarno, riunitisi in assemblea a Roma alla fine di gennaio, e poi il testo che leggeremo alla fine della loro lettera e invitandoli/e a partecipare alle iniziative della giornata:
“I mandarini e le olive non cadono dal cielo
In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire l´Assemblea dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma.
Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare Rosarno dopo aver rivendicato i nostri diritti. Lavoravamo in condizioni disumane. Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle 20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla fatica. Eravamo, da molti anni, oggetto di discriminazione, sfruttamento e minacce di tutti i generi. Eravamo sfruttati di giorno e cacciati, di notte, dai figli dei nostri sfruttatori. Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le bestie...prelevati, qualcuno è sparito per sempre.
Ci hanno sparato addosso, per gioco o per l´interesse di qualcuno. Abbiamo continuato a lavorare. Con il tempo eravamo divenuti facili bersagli. Non ne potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani.
Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese. Ci siamo fatti vedere, siamo scesi per strada per gridare la nostra esistenza.
La gente non voleva vederci. Come può manifestare qualcuno che non esiste? Le autorità e le forze dell’ordine sono arrivate e ci hanno deportati dalla città perché non eravamo più al sicuro. Gli abitanti di Rosarno si sono messi a darci la caccia, a linciarci, questa volta organizzati in vere e proprie squadre di caccia all´uomo.
Siamo stati rinchiusi nei centri di detenzione per immigrati. Molti di noi ci sono ancora, altri sono tornati in Africa, altri sono sparpagliati nelle città del Sud. Noi siamo a Roma. Oggi ci ritroviamo senza lavoro, senza un posto dove dormire, senza i nostri bagagli e con i salari ancora non pagati nelle mani dei nostri sfruttatori. Noi diciamo di essere degli attori della vita economica di questo paese, le cui autorità non vogliono né vederci né ascoltarci. I mandarini, le olive, le arance non cadono dal cielo. Sono delle mani che li raccolgono.
Eravamo riusciti a trovare un lavoro che abbiamo perduto semplicemente perché abbiamo domandato di essere trattati come esseri umani. Non siamo venuti in Italia per fare i turisti. Il nostro lavoro e il nostro sudore serve all´Italia come serve alle nostre famiglie che hanno riposto in noi molte speranze. Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare le nostre richieste:
domandiamo che il permesso di soggiorno concesso per motive umanitari agli 11 africani feriti a Rosarno, sia accordato anche a tutti noi, vittime dello sfruttamento e della nostra condizione irregolare che ci ha lasciato senza lavoro, abbandonati e dimenticati per strada. Vogliamo che il governo di questo paese si assuma le sue responsabilità e ci garantisca la possibilità di lavorare con dignità.
L´Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma”
Dapprima in Francia, poi in Italia, in Spagna, in Grecia e in altri paesi europei, la giornata del primo marzo è stata proclamata “una giornata senza di noi” con l’intento da parte dei/delle migranti che vivono in questi paesi di far percepire, per un giorno, l’importanza della loro presenza economica e sociale sia attraverso lo sciopero sia attraverso altre forme di protesta come l'astensione dai consumi. Ispirata alla giornata del primo maggio del 2006, quando in varie città degli Stati Uniti i/le migranti privi/e di documenti di soggiorno erano riusciti/e a bloccare la vita economica e sociale di quelle città attraverso una massiccia astensione dal lavoro e fluviali manifestazioni in cui ricordavano a tutti che “We are America”, questa giornata ci sembra di particolare importanza anche per iniziare una necessaria riflessione sulle forme della nostra esistenza comune di cittadini/e e non cittadini/e, migranti e non.
Per questo, abbiamo deciso di assumere come parte del nostro testo quello sottoscritto da alcuni lavoratori africani di Rosarno. Riteniamo, infatti, che quanto accaduto a Rosarno nei primi giorni di gennaio – le intimidazioni e le violenze sui migranti, la rivolta dei lavoratori africani, la “caccia al nero” dei giorni successivi, il coinvolgimento di alcune parti della mafia nella “gestione dell’ordine pubblico”, il trasferimento d’urgenza di tutti i lavoratori africani, la loro detenzione nei centri di identificazione ed espulsione e la minaccia di espulsione per quelli privi di permesso di soggiorno – sia il precipitato, soltanto più visibile, delle scelte politiche con cui negli ultimi anni i governi che si sono succeduti hanno affrontato e voluto gestire il fenomeno globale delle migrazioni. Il risultato, innanzitutto, di una volontà di generale clandestinizzazione della presenza dei/lle migranti e dei lavoratori e delle lavoratrici migranti che ha permesso, non solo a Rosarno, ma nel Sud come nel Nord del paese, tra i campi di agrumi e le serre così come nelle fabbriche e le piccole imprese, o nelle famiglie, forme di assoluto sfruttamento della forza lavoro possibili grazie a un’illegalità diffusa del mercato del lavoro generata proprio dalle leggi che normano l’immigrazione. Ricordiamo di seguito alcuni dei provvedimenti e dei fatti che stanno alla base di quanto accaduto a Rosarno così come di quanto accade quotidianamente nel resto d’Italia: l’istituzione dei centri di detenzione nel lontano 1998, con cui si apriva il capitolo del doppio binario giuridico, uno per i cittadini, un altro per i non cittadini, passibili di pene detentive in assenza di reato; il nesso inscindibile tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno, con la legge del 2001, che spianava la strada a ogni forma di ricattabilità da parte dei datori di lavoro sulla forza lavoro migrante, compresa la ricattabilità sessuale delle lavoratrici migranti impiegate nel lavoro domestico; gli innumerevoli provvedimenti delle recenti norme previste dai pacchetti sicurezza ispirati tutti a un orizzonte di discriminazione e razzismo (l’aggravante di clandestinità, il reato di clandestinità, il prolungamento a sei mesi della detenzione amministrativa, l’interdipendenza tra permesso di soggiorno e atti dello stato civile, tra cui il riconoscimento dei figli e il matrimonio, l’istituzione di corpi speciali privati per il mantenimento dell’ordine pubblico); i respingimenti verso la Libia iniziati nel maggio del 2009 volti a risolvere il problema degli arrivi sulle coste italiane con la deportazione verso i campi di concentramento della Libia finanziati dallo stato italiano di donne, uomini e bambini, spesso potenziali rifugiati provenienti dai luoghi di guerra delle ex-colonie italiane. La criminalizzazione dei migranti privi di permesso di soggiorno produce effetti a cascata su tutti/e i/le migranti che vivono in Italia, rendendo precaria la condizione degli/delle stessi/e migranti “regolari”, esponendoli/e a continue discriminazioni e alla possibilità sempre presente di ricadere nell’“irregolarità”. “Come può manifestare qualcuno che non esiste?” si chiedono i lavoratori africani nella lettera che vi abbiamo letto, descrivendo prima di questa domanda l’esistenza quotidiana “di chi non esiste”, dalla giornata lavorativa alle notti prive di acqua e elettricità e costellate di episodi di violenza e intimidazioni. “Come può esistere chi non esiste” è, infatti, secondo noi, la domanda di fondo diventata sempre più impellente in Italia e generata da una forma pervasiva di razzismo istituzionale che permette e legittima forme di razzismo, intolleranza, xenofobia sociali che stanno ormai erodendo la vivibilità comune delle nostre città. O, meglio, come possono esistere tutti e tutte coloro che, pur essendo “attori della vita economica di questo paese”, con differenti dispositivi sono continuamente sospinti verso una presenza marginale e una vita non vivibile costellata di mille ostacoli (dai tempi biblici del rinnovo del permesso di soggiorno all’assenza di ogni possibilità di regolarizzazione, dagli innumerevoli modi in cui si elude il riconoscimento dello stato di rifugiato alle norme che entrano in modo discriminatorio nelle scelte di vita affettiva concedendo ai migranti “affetti di serie b”, sino ai mesi di detenzione previsti per chi non ha o ha perso il permesso di soggiorno e all’ultima proposta del “permesso di soggiorno a punti”)?
Aderiamo a questa giornata perché riteniamo che questa domanda coinvolga la vita di tutti e di tutte, migranti e non, studenti, studentesse, lavoratori e lavoratrici, disoccupati e disoccupate, in Italia così come nel resto d’Europa e in altri paesi del mondo. In quanto docenti, sappiamo che nelle università, anziché come studenti e studentesse nelle nostre aule è più facile incontrare i/le migranti come lavoratori e lavoratrici delle cooperative di servizi, assunti/e con bassi salari e senza garanzie.
La scandalosa difficoltà nell’accesso a un permesso di soggiorno per studi universitari, attraverso una politica delle “quote” anche nel campo del sapere che rende quest’ultimo esclusivo privilegio dei cittadini, è parte integrante della chiusura nei confronti dei/delle migranti che caratterizza il nostro paese. Per questo ci impegniamo a lottare anche per garantire la piena accessibilità dell’Università ai/alle migranti. Siamo più in generale convinti che soltanto cancellando il razzismo istituzionale e sociale come pratica quotidiana di sfruttamento sarà possibile costruire spazi di convivenza futuri.
Docenti precari/e e docenti non precari/e delle Università italiane
Primi firmatari:
Fabio Amaya (Università di Bergamo)
Anna Curcio (Università di Messina)
Umberto Galimberti (Università di Venezia)
Maria Grazia Meriggi (Università di Bergamo)
Sandro Mezzadra (Università di Bologna)
Renata Pepicelli (Università di Bologna)
Luca Queirolo Palmas (Università di Genova)
Antonello Petrillo (Università Suor Orsola Benincasa, Napoli)
Federico Rahola (Università di Genova)
Fabio Raimondi (Università di Salerno)
Maurizio Ricciardi (Università di Bologna)
Anna Maria Rivera (Università di Bari)
Gigi Roggero (Università di Bologna)
Pier Aldo Rovatti (Università di Trieste)
Devi Sacchetto (Università di Padova)
Anna Simone (Università Suor Orsola Benincasa, Napoli)
Federica Sossi (Università di Bergamo)
Alessandro Triulzi (Università di Napoli L’Orientale)
Tiziana Terranova (Università di Napoli L’Orientale)
Fulvio Vassallo Paleologo (Università di Palermo)
Sincerely,
________________________________________
To: university teaching staff
Lettera dei/delle docenti universitari/e contro il razzismo a sostegno del primo marzo, “una giornata senza di noi”
Noi docenti precari/e e docenti non precari/e delle università italiane abbiamo deciso di aderire alla giornata del primo marzo, “una giornata senza di noi”, presentando ai nostri studenti e alle nostre studentesse, dove possibile anche durante le ore di attività didattica nei giorni che precedono il primo marzo, dapprima la lettera dei lavoratori africani di Rosarno, riunitisi in assemblea a Roma alla fine di gennaio, e poi il testo che leggeremo alla fine della loro lettera e invitandoli/e a partecipare alle iniziative della giornata:
“I mandarini e le olive non cadono dal cielo
In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire l´Assemblea dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma.
Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare Rosarno dopo aver rivendicato i nostri diritti. Lavoravamo in condizioni disumane. Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle 20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla fatica. Eravamo, da molti anni, oggetto di discriminazione, sfruttamento e minacce di tutti i generi. Eravamo sfruttati di giorno e cacciati, di notte, dai figli dei nostri sfruttatori. Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le bestie...prelevati, qualcuno è sparito per sempre.
Ci hanno sparato addosso, per gioco o per l´interesse di qualcuno. Abbiamo continuato a lavorare. Con il tempo eravamo divenuti facili bersagli. Non ne potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani.
Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese. Ci siamo fatti vedere, siamo scesi per strada per gridare la nostra esistenza.
La gente non voleva vederci. Come può manifestare qualcuno che non esiste? Le autorità e le forze dell’ordine sono arrivate e ci hanno deportati dalla città perché non eravamo più al sicuro. Gli abitanti di Rosarno si sono messi a darci la caccia, a linciarci, questa volta organizzati in vere e proprie squadre di caccia all´uomo.
Siamo stati rinchiusi nei centri di detenzione per immigrati. Molti di noi ci sono ancora, altri sono tornati in Africa, altri sono sparpagliati nelle città del Sud. Noi siamo a Roma. Oggi ci ritroviamo senza lavoro, senza un posto dove dormire, senza i nostri bagagli e con i salari ancora non pagati nelle mani dei nostri sfruttatori. Noi diciamo di essere degli attori della vita economica di questo paese, le cui autorità non vogliono né vederci né ascoltarci. I mandarini, le olive, le arance non cadono dal cielo. Sono delle mani che li raccolgono.
Eravamo riusciti a trovare un lavoro che abbiamo perduto semplicemente perché abbiamo domandato di essere trattati come esseri umani. Non siamo venuti in Italia per fare i turisti. Il nostro lavoro e il nostro sudore serve all´Italia come serve alle nostre famiglie che hanno riposto in noi molte speranze. Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare le nostre richieste:
domandiamo che il permesso di soggiorno concesso per motive umanitari agli 11 africani feriti a Rosarno, sia accordato anche a tutti noi, vittime dello sfruttamento e della nostra condizione irregolare che ci ha lasciato senza lavoro, abbandonati e dimenticati per strada. Vogliamo che il governo di questo paese si assuma le sue responsabilità e ci garantisca la possibilità di lavorare con dignità.
L´Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma”
Dapprima in Francia, poi in Italia, in Spagna, in Grecia e in altri paesi europei, la giornata del primo marzo è stata proclamata “una giornata senza di noi” con l’intento da parte dei/delle migranti che vivono in questi paesi di far percepire, per un giorno, l’importanza della loro presenza economica e sociale sia attraverso lo sciopero sia attraverso altre forme di protesta come l'astensione dai consumi. Ispirata alla giornata del primo maggio del 2006, quando in varie città degli Stati Uniti i/le migranti privi/e di documenti di soggiorno erano riusciti/e a bloccare la vita economica e sociale di quelle città attraverso una massiccia astensione dal lavoro e fluviali manifestazioni in cui ricordavano a tutti che “We are America”, questa giornata ci sembra di particolare importanza anche per iniziare una necessaria riflessione sulle forme della nostra esistenza comune di cittadini/e e non cittadini/e, migranti e non.
Per questo, abbiamo deciso di assumere come parte del nostro testo quello sottoscritto da alcuni lavoratori africani di Rosarno. Riteniamo, infatti, che quanto accaduto a Rosarno nei primi giorni di gennaio – le intimidazioni e le violenze sui migranti, la rivolta dei lavoratori africani, la “caccia al nero” dei giorni successivi, il coinvolgimento di alcune parti della mafia nella “gestione dell’ordine pubblico”, il trasferimento d’urgenza di tutti i lavoratori africani, la loro detenzione nei centri di identificazione ed espulsione e la minaccia di espulsione per quelli privi di permesso di soggiorno – sia il precipitato, soltanto più visibile, delle scelte politiche con cui negli ultimi anni i governi che si sono succeduti hanno affrontato e voluto gestire il fenomeno globale delle migrazioni. Il risultato, innanzitutto, di una volontà di generale clandestinizzazione della presenza dei/lle migranti e dei lavoratori e delle lavoratrici migranti che ha permesso, non solo a Rosarno, ma nel Sud come nel Nord del paese, tra i campi di agrumi e le serre così come nelle fabbriche e le piccole imprese, o nelle famiglie, forme di assoluto sfruttamento della forza lavoro possibili grazie a un’illegalità diffusa del mercato del lavoro generata proprio dalle leggi che normano l’immigrazione. Ricordiamo di seguito alcuni dei provvedimenti e dei fatti che stanno alla base di quanto accaduto a Rosarno così come di quanto accade quotidianamente nel resto d’Italia: l’istituzione dei centri di detenzione nel lontano 1998, con cui si apriva il capitolo del doppio binario giuridico, uno per i cittadini, un altro per i non cittadini, passibili di pene detentive in assenza di reato; il nesso inscindibile tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno, con la legge del 2001, che spianava la strada a ogni forma di ricattabilità da parte dei datori di lavoro sulla forza lavoro migrante, compresa la ricattabilità sessuale delle lavoratrici migranti impiegate nel lavoro domestico; gli innumerevoli provvedimenti delle recenti norme previste dai pacchetti sicurezza ispirati tutti a un orizzonte di discriminazione e razzismo (l’aggravante di clandestinità, il reato di clandestinità, il prolungamento a sei mesi della detenzione amministrativa, l’interdipendenza tra permesso di soggiorno e atti dello stato civile, tra cui il riconoscimento dei figli e il matrimonio, l’istituzione di corpi speciali privati per il mantenimento dell’ordine pubblico); i respingimenti verso la Libia iniziati nel maggio del 2009 volti a risolvere il problema degli arrivi sulle coste italiane con la deportazione verso i campi di concentramento della Libia finanziati dallo stato italiano di donne, uomini e bambini, spesso potenziali rifugiati provenienti dai luoghi di guerra delle ex-colonie italiane. La criminalizzazione dei migranti privi di permesso di soggiorno produce effetti a cascata su tutti/e i/le migranti che vivono in Italia, rendendo precaria la condizione degli/delle stessi/e migranti “regolari”, esponendoli/e a continue discriminazioni e alla possibilità sempre presente di ricadere nell’“irregolarità”. “Come può manifestare qualcuno che non esiste?” si chiedono i lavoratori africani nella lettera che vi abbiamo letto, descrivendo prima di questa domanda l’esistenza quotidiana “di chi non esiste”, dalla giornata lavorativa alle notti prive di acqua e elettricità e costellate di episodi di violenza e intimidazioni. “Come può esistere chi non esiste” è, infatti, secondo noi, la domanda di fondo diventata sempre più impellente in Italia e generata da una forma pervasiva di razzismo istituzionale che permette e legittima forme di razzismo, intolleranza, xenofobia sociali che stanno ormai erodendo la vivibilità comune delle nostre città. O, meglio, come possono esistere tutti e tutte coloro che, pur essendo “attori della vita economica di questo paese”, con differenti dispositivi sono continuamente sospinti verso una presenza marginale e una vita non vivibile costellata di mille ostacoli (dai tempi biblici del rinnovo del permesso di soggiorno all’assenza di ogni possibilità di regolarizzazione, dagli innumerevoli modi in cui si elude il riconoscimento dello stato di rifugiato alle norme che entrano in modo discriminatorio nelle scelte di vita affettiva concedendo ai migranti “affetti di serie b”, sino ai mesi di detenzione previsti per chi non ha o ha perso il permesso di soggiorno e all’ultima proposta del “permesso di soggiorno a punti”)?
Aderiamo a questa giornata perché riteniamo che questa domanda coinvolga la vita di tutti e di tutte, migranti e non, studenti, studentesse, lavoratori e lavoratrici, disoccupati e disoccupate, in Italia così come nel resto d’Europa e in altri paesi del mondo. In quanto docenti, sappiamo che nelle università, anziché come studenti e studentesse nelle nostre aule è più facile incontrare i/le migranti come lavoratori e lavoratrici delle cooperative di servizi, assunti/e con bassi salari e senza garanzie.
La scandalosa difficoltà nell’accesso a un permesso di soggiorno per studi universitari, attraverso una politica delle “quote” anche nel campo del sapere che rende quest’ultimo esclusivo privilegio dei cittadini, è parte integrante della chiusura nei confronti dei/delle migranti che caratterizza il nostro paese. Per questo ci impegniamo a lottare anche per garantire la piena accessibilità dell’Università ai/alle migranti. Siamo più in generale convinti che soltanto cancellando il razzismo istituzionale e sociale come pratica quotidiana di sfruttamento sarà possibile costruire spazi di convivenza futuri.
Docenti precari/e e docenti non precari/e delle Università italiane
Primi firmatari:
Fabio Amaya (Università di Bergamo)
Anna Curcio (Università di Messina)
Umberto Galimberti (Università di Venezia)
Maria Grazia Meriggi (Università di Bergamo)
Sandro Mezzadra (Università di Bologna)
Renata Pepicelli (Università di Bologna)
Luca Queirolo Palmas (Università di Genova)
Antonello Petrillo (Università Suor Orsola Benincasa, Napoli)
Federico Rahola (Università di Genova)
Fabio Raimondi (Università di Salerno)
Maurizio Ricciardi (Università di Bologna)
Anna Maria Rivera (Università di Bari)
Gigi Roggero (Università di Bologna)
Pier Aldo Rovatti (Università di Trieste)
Devi Sacchetto (Università di Padova)
Anna Simone (Università Suor Orsola Benincasa, Napoli)
Federica Sossi (Università di Bergamo)
Alessandro Triulzi (Università di Napoli L’Orientale)
Tiziana Terranova (Università di Napoli L’Orientale)
Fulvio Vassallo Paleologo (Università di Palermo)
Sincerely,
martedì 16 febbraio 2010
festeggiamenti Natale di Muhammad (“Pace e benedizione su di lui”)
Invito
Oggetto: festeggiamenti Natale di Muhammad (“Pace e benedizione su di lui”)
Con la presente comunico che il giorno 21 febbraio 2010, presso la Sala di rappresentanza del comune di Bolzano Vicolo Gumer 39100 Bolzano avranno luogo i festeggiamenti della nascita di Muhammad (“Pace e benedizione su di lui”).
La durata della cerimonia è prevista dalle 14:00 alle ore 19:00.
Parteciperanno inoltre alcuni rappresentanti delle associazioni Culturali MINHAJ Italia da Arezzo,
Carpi (MO) e Milano.
La manifestazione è organizzata dall’Associazione Culturale MINHAJ Alto Adige, la quale ha invitato anche alcuni rappresentanti del mondo delle Associazioni e delle Istituzioni politiche e sociali della nostra Provincia.
Avremmo molto piacere nel poterla salutare alla nostra festa, nel qual caso le chiediamo, per motivi organizzativi, di confermare la sua partecipazione.
Cordialmente,
Il segretario
ABDUL JABBAR
ASSOCIAZIONE CULTURALE MINHAJ
Tel. 3288419722
Email minhaj.Bressanone@yahoo.it
www.minhaj.org; www.minhaj.it
Oggetto: festeggiamenti Natale di Muhammad (“Pace e benedizione su di lui”)
Con la presente comunico che il giorno 21 febbraio 2010, presso la Sala di rappresentanza del comune di Bolzano Vicolo Gumer 39100 Bolzano avranno luogo i festeggiamenti della nascita di Muhammad (“Pace e benedizione su di lui”).
La durata della cerimonia è prevista dalle 14:00 alle ore 19:00.
Parteciperanno inoltre alcuni rappresentanti delle associazioni Culturali MINHAJ Italia da Arezzo,
Carpi (MO) e Milano.
La manifestazione è organizzata dall’Associazione Culturale MINHAJ Alto Adige, la quale ha invitato anche alcuni rappresentanti del mondo delle Associazioni e delle Istituzioni politiche e sociali della nostra Provincia.
Avremmo molto piacere nel poterla salutare alla nostra festa, nel qual caso le chiediamo, per motivi organizzativi, di confermare la sua partecipazione.
Cordialmente,
Il segretario
ABDUL JABBAR
ASSOCIAZIONE CULTURALE MINHAJ
Tel. 3288419722
Email minhaj.Bressanone@yahoo.it
www.minhaj.org; www.minhaj.it
ROSARNO, ITALIA, MONDO
ROSARNO, ITALIA, MONDO
Siamo dei cittadini italiani residenti in Francia e dei cittadini francesi che si occupano, professionalmente, dell’Italia. Per questo, di fronte ai fatti accaduti a Rosarno esprimiamo la nostra indignazione.
Gli immigrati di Rosarno, come tutti i migranti nel mondo, costituiscono un vero e proprio esperimento biopolitico per i poteri. Prima sono ammassati in condizioni disperate, poi sono sfruttati implacabilmente sul posto di lavoro, infine sono espulsi vergognosamente verso destinazioni misteriose. A queste tre fasi, ordinarie, nella vita di un immigrato, se ne aggiunge spesso, soprattutto negli ultimi tempi, un’altra. Gli immigrati sono vittime di una vera e propria caccia all’uomo : seguiti, pedinati, braccati, bastonati, finalmente uccisi o espulsi.
E’ successo altrove, in Spagna o alla frontiera messicana, si è ripetuto a Rosarno.
Per qualche lungo giorno gli abitanti della cittadina calabrese hanno rincorso, impaurito, sprangato, sparato contro i lavoratori immigrati. La reazione del potere statale è stata la solita: per placare gli animi della « brava gente » si è attuata la pulizia etnica, deportando i migranti.
La storia si ripete, quando le vittime erano proprio gli italiani, nelle miniere belghe, nelle campagne americane o nelle saline francesi1.
Si tratta di denunciare, senza tergiversare le quattro fasi che sono inestricabilmente connesse. In termini più chiari, non si può essere indignati per la « caccia al negro » se non si afferma il principio della regolarizzazione dei lavoratori immigrati, non è lecito impietosirsi sulle condizioni di vita degli immigrati se non si è, fino in fondo, contro lo sfruttamento che essi subiscono in quanto lavoratori meno protetti.
La maggior parte di noi lavora nel mondo dell’educazione. Non possiamo far a meno di sottolineare il legame fra questi tragici avvenimenti e la cancellazione della memoria storica. Gli italiani « brava gente », democratici, hanno espunto dai loro ricordi le avventure sanguinarie della colonizzazione italica e, figli del « boom » economico, hanno voluto dimenticare il loro passato di « hobo », di « Macaroni », di « Degos », con la valigia di cartone.
E non possiamo fare a meno neanche di sottolineare il legame fra queste esplosioni razziste e la questione dell’istruzione e dei saperi. Negli stessi giorni dei fatti di Calabria, il ministro
1 Si veda a questo proposito il libro recente di Gérard Noiriel, Le massacre des Italiens, Aigues-Mortes 17 août 1893, Paris, Fayard, 2010.
Gelmini annunciava un tetto massimo di 30% di studenti stranieri nelle classi italiane. Proposta insensata e irresponsabile, il cui unico scopo, propagandistico, è quello di rafforzare il sentimento di insicurezza e di paura.
Questo si chiama qui da noi, in Francia, « dibattito » sull’identità nazionale, pulizia della « giungla » di Calais, rafforzamento e creazione di nuovi centri di « permanenza temporanea » per immigrati, passaggio forzato della nuova legge sull’autonomia delle università, perché « Gelmini » è il nome italiano di un progetto di riforma, altrettanto discriminatorio, che, dappertutto in Europa, punta alla distruzione dell’università pubblica, seguendo i dettami del cosidetto processo di Bologna.
C’è razzismo laddove c’è ignoranza. È per questo anche che ci sentiamo colpiti, come insegnanti – e non solo – minacciati dalle riforme in corso, da quanto è accaduto a Rosarno.
Gli immigrati di Rosarno, prima di essere banditi, si sono rivoltati.
Che facciamo di fronte a questo atto di renitenza ?
Non ascoltarlo, sarebbe sprofondare ancora di più nell’intollerabile, nella bassezza, nella volgarità che secernono le nostre democrazie–per–il–mercato. Ascoltarlo, non significa tuttavia voler « aiutare » gli immigrati. Gli immigrati si sono riscattati da soli. Sono loro che ci ri–apprendono a dire no. Non ci indicano nessuna strada, se non quella dell’emancipazione. Non hanno chiesto nulla, hanno solo imposto le loro esigenze.
Riprendere il loro gesto, significa allora innanzitutto combattere contro lo sfruttamento. Ribellarsi non in generale contro la schiavitù, ma concretamente contro le ingiustizie capitalistiche, contro le storture che il sistema, tormentato da una crisi da cui non esce, riprodurrà sempre più violentemente.
Noi che viviamo e che lavoriamo in Francia, aderiamo allo sciopero dei migranti indetto per il 1 marzo in Italia, auspicando che questa giornata diventi il primo atto di uno sciopero generale europeo di « tutti » i lavoratori (migranti e non, regolari e non) contro lo sfruttamento e il razzismo, concreta sua deriva. C’è urgenza : si tratta di inventare, contro il falso e ripugnante « universale » che il capitale incarna, la pratica di un nuovo senso del comune, con i senza voce, dei senza voce, da Rosamo al mondo.
http://www.lapetition.be/en-ligne/rosarno-italie-monde-6262.html
Saverio Ansaldi, Université Montpellier 3
Carlo Arcuri, Université d’Amiens
Etienne Balibar, Université Paris X
Michèle Bompard-Porte, Université de Bretagne Occidentale
François Bouchard, Université de Tours
Marina Caruso
Leonardo Casalino, Université Grenoble III
Collectif Univers.Cité Lille 3
Alina Curioni
Marta Di Nuccio
Anne François
Christian Hartmann
Costanza Jori, Université Paris 3 Sorbonne Nouvelle
Frank La Brasca, Université de Tours
Enrica Lippolis
Luigi Magri, direttore di cinema, Tremblay-en-France
Jean-Paul Manganaro, Université Lille 3
Christophe Mileschi, Université Paris 10
Sandra Millot, insegnante di italiano, Saint-Denis
Aldo Pardi, Université Lille 3
Giorgio Passerone, Université Lille 3
Veronica Riva
Anne-Marie Saint Marc
Jean-Claude Saint Marc
Luca Salza, Université Lille 3
Italo Stellon, INCA CGIL
Jean Marie Straub, regista
Cristina Terrile, Université de Tours
André Tosel, Université de Nice
Jean-Charles Vegliante, Université Paris 3 Sorbonne Nouvelle
Siamo dei cittadini italiani residenti in Francia e dei cittadini francesi che si occupano, professionalmente, dell’Italia. Per questo, di fronte ai fatti accaduti a Rosarno esprimiamo la nostra indignazione.
Gli immigrati di Rosarno, come tutti i migranti nel mondo, costituiscono un vero e proprio esperimento biopolitico per i poteri. Prima sono ammassati in condizioni disperate, poi sono sfruttati implacabilmente sul posto di lavoro, infine sono espulsi vergognosamente verso destinazioni misteriose. A queste tre fasi, ordinarie, nella vita di un immigrato, se ne aggiunge spesso, soprattutto negli ultimi tempi, un’altra. Gli immigrati sono vittime di una vera e propria caccia all’uomo : seguiti, pedinati, braccati, bastonati, finalmente uccisi o espulsi.
E’ successo altrove, in Spagna o alla frontiera messicana, si è ripetuto a Rosarno.
Per qualche lungo giorno gli abitanti della cittadina calabrese hanno rincorso, impaurito, sprangato, sparato contro i lavoratori immigrati. La reazione del potere statale è stata la solita: per placare gli animi della « brava gente » si è attuata la pulizia etnica, deportando i migranti.
La storia si ripete, quando le vittime erano proprio gli italiani, nelle miniere belghe, nelle campagne americane o nelle saline francesi1.
Si tratta di denunciare, senza tergiversare le quattro fasi che sono inestricabilmente connesse. In termini più chiari, non si può essere indignati per la « caccia al negro » se non si afferma il principio della regolarizzazione dei lavoratori immigrati, non è lecito impietosirsi sulle condizioni di vita degli immigrati se non si è, fino in fondo, contro lo sfruttamento che essi subiscono in quanto lavoratori meno protetti.
La maggior parte di noi lavora nel mondo dell’educazione. Non possiamo far a meno di sottolineare il legame fra questi tragici avvenimenti e la cancellazione della memoria storica. Gli italiani « brava gente », democratici, hanno espunto dai loro ricordi le avventure sanguinarie della colonizzazione italica e, figli del « boom » economico, hanno voluto dimenticare il loro passato di « hobo », di « Macaroni », di « Degos », con la valigia di cartone.
E non possiamo fare a meno neanche di sottolineare il legame fra queste esplosioni razziste e la questione dell’istruzione e dei saperi. Negli stessi giorni dei fatti di Calabria, il ministro
1 Si veda a questo proposito il libro recente di Gérard Noiriel, Le massacre des Italiens, Aigues-Mortes 17 août 1893, Paris, Fayard, 2010.
Gelmini annunciava un tetto massimo di 30% di studenti stranieri nelle classi italiane. Proposta insensata e irresponsabile, il cui unico scopo, propagandistico, è quello di rafforzare il sentimento di insicurezza e di paura.
Questo si chiama qui da noi, in Francia, « dibattito » sull’identità nazionale, pulizia della « giungla » di Calais, rafforzamento e creazione di nuovi centri di « permanenza temporanea » per immigrati, passaggio forzato della nuova legge sull’autonomia delle università, perché « Gelmini » è il nome italiano di un progetto di riforma, altrettanto discriminatorio, che, dappertutto in Europa, punta alla distruzione dell’università pubblica, seguendo i dettami del cosidetto processo di Bologna.
C’è razzismo laddove c’è ignoranza. È per questo anche che ci sentiamo colpiti, come insegnanti – e non solo – minacciati dalle riforme in corso, da quanto è accaduto a Rosarno.
Gli immigrati di Rosarno, prima di essere banditi, si sono rivoltati.
Che facciamo di fronte a questo atto di renitenza ?
Non ascoltarlo, sarebbe sprofondare ancora di più nell’intollerabile, nella bassezza, nella volgarità che secernono le nostre democrazie–per–il–mercato. Ascoltarlo, non significa tuttavia voler « aiutare » gli immigrati. Gli immigrati si sono riscattati da soli. Sono loro che ci ri–apprendono a dire no. Non ci indicano nessuna strada, se non quella dell’emancipazione. Non hanno chiesto nulla, hanno solo imposto le loro esigenze.
Riprendere il loro gesto, significa allora innanzitutto combattere contro lo sfruttamento. Ribellarsi non in generale contro la schiavitù, ma concretamente contro le ingiustizie capitalistiche, contro le storture che il sistema, tormentato da una crisi da cui non esce, riprodurrà sempre più violentemente.
Noi che viviamo e che lavoriamo in Francia, aderiamo allo sciopero dei migranti indetto per il 1 marzo in Italia, auspicando che questa giornata diventi il primo atto di uno sciopero generale europeo di « tutti » i lavoratori (migranti e non, regolari e non) contro lo sfruttamento e il razzismo, concreta sua deriva. C’è urgenza : si tratta di inventare, contro il falso e ripugnante « universale » che il capitale incarna, la pratica di un nuovo senso del comune, con i senza voce, dei senza voce, da Rosamo al mondo.
http://www.lapetition.be/en-ligne/rosarno-italie-monde-6262.html
Saverio Ansaldi, Université Montpellier 3
Carlo Arcuri, Université d’Amiens
Etienne Balibar, Université Paris X
Michèle Bompard-Porte, Université de Bretagne Occidentale
François Bouchard, Université de Tours
Marina Caruso
Leonardo Casalino, Université Grenoble III
Collectif Univers.Cité Lille 3
Alina Curioni
Marta Di Nuccio
Anne François
Christian Hartmann
Costanza Jori, Université Paris 3 Sorbonne Nouvelle
Frank La Brasca, Université de Tours
Enrica Lippolis
Luigi Magri, direttore di cinema, Tremblay-en-France
Jean-Paul Manganaro, Université Lille 3
Christophe Mileschi, Université Paris 10
Sandra Millot, insegnante di italiano, Saint-Denis
Aldo Pardi, Université Lille 3
Giorgio Passerone, Université Lille 3
Veronica Riva
Anne-Marie Saint Marc
Jean-Claude Saint Marc
Luca Salza, Université Lille 3
Italo Stellon, INCA CGIL
Jean Marie Straub, regista
Cristina Terrile, Université de Tours
André Tosel, Université de Nice
Jean-Charles Vegliante, Université Paris 3 Sorbonne Nouvelle
martedì 9 febbraio 2010
norme edilizia abitativa agevolata
DOCUMENTO VOTO allegato al Bilancio 2010
OGGETTO: norme edilizia abitativa agevolata
Premesso che
durante la discussione in Consiglio Comunale del Bilancio Sociale dell'Azienda Servizi Sociali di Bolzano (ASSB) i vertici dell'azienda hanno reso noto che nei primi mesi del 2009 l'erogazione del reddito minimo di inserimento è già aumentata rispetto al 2008 di oltre il 75%;
nel 2008 sono state 1769 le persone che hanno usufruito delll'assistenza economica, 137 in più dell'anno precedente, ma nei primi 5 mesi del 2009 si sono registrati aumenti del 50% con punte fino al 75% nei quartieri di Oltrisarco e Don Bosco, relative a richieste legate in maggior parte al problema del apgamento degli affitti;
tale situazione esplosiva rappresenta il prevedibile risultato negativo dell'attuazione dell'articolo 5, comma 7 della Legge Provinciale 17.12.1998 n. 13 sull'ordinamento dell'edilizia abitativa agevolata, così come è stato sostituito, dalle norme della legge provinciale 13.10.2008 n.9, approvate frettolosamente in piena campagna elettorale per le elezioni ultime provinciali, che hanno abolito di fatto il criterio del bisogno reale per i cittadini migranti extracomunitari;
tali norme, infatti, hanno prodotto una secca riduzione di circa un terzo della quota di risorse e di alloggi IPES per i migranti extracomunitari, i quali, con lo scopo di poter continuare a rispettare i requisiti necessari per il permesso di soggiorno, in particolare, quelli legati alla casa, trovandosi in situazione di emergenza economica senza più la concreta possibilità di poter concorrere all'assegnazione di un alloggio IPES, sono stati costretti a rivolgersi ai servizi sociali Comuni e alle associazioni di volontariato;
tale fenomeno è concentrato particolarmente sul Capoluogo e l'attuale situazione è destinata ad aggravarsi a causa della Delibera n. 1885 approvata dalla Giunta provinciale nella seduta del 20.07.2009 che per attuare le norme di legge sopracitate prevede mediante un arbitrario sistema di calcolo della media ponderata tra consistenza numerica dei migranti e fabbisogno, un' ulteriore drastica riduzione delle risorse e degli alloggi disponibili con il risultato che, da oggi alla fine dell'anno la quota di alloggi disponibili è già esaurita e che sono già stati spesi 8,5 milioni di euro sui 10,5 stanziati nel bilancio;
Tutto ciò premesso, considerati gli inaccettabili e disastrosi risultati in termini di emergenza sociale, umana e civile che rischiano di sconvolgere la vita cittadina e di mettere in crisi i servizi e le finanze comunali anche per il 2010, il Consiglio Comunale IMPEGNA la Giunta Comunale a
aprire una trattativa con al Giunta provinciale e in sede di Consorzio dei Comuni, con il coinvolgimento delle forze economiche e sociali, per affrontare l'attuale emergenza e per rivedere complessivamente le norme controproducenti e inaccettabili approvate frettolosamente a ottobre;
verificare la legittimità della delibera della Giunta Provinciale n. 1885 nella parte relativa al calcolo arbitrario della media ponderata tra consistenza numerica della popolazione migrante di origine extracomunitaria e fabbisogno reale, considerato che il calcolo della popolazione e del fabbisogno sono artificiosamente sottostimati.
Consigliere Comunale Guido Margheri
OGGETTO: norme edilizia abitativa agevolata
Premesso che
durante la discussione in Consiglio Comunale del Bilancio Sociale dell'Azienda Servizi Sociali di Bolzano (ASSB) i vertici dell'azienda hanno reso noto che nei primi mesi del 2009 l'erogazione del reddito minimo di inserimento è già aumentata rispetto al 2008 di oltre il 75%;
nel 2008 sono state 1769 le persone che hanno usufruito delll'assistenza economica, 137 in più dell'anno precedente, ma nei primi 5 mesi del 2009 si sono registrati aumenti del 50% con punte fino al 75% nei quartieri di Oltrisarco e Don Bosco, relative a richieste legate in maggior parte al problema del apgamento degli affitti;
tale situazione esplosiva rappresenta il prevedibile risultato negativo dell'attuazione dell'articolo 5, comma 7 della Legge Provinciale 17.12.1998 n. 13 sull'ordinamento dell'edilizia abitativa agevolata, così come è stato sostituito, dalle norme della legge provinciale 13.10.2008 n.9, approvate frettolosamente in piena campagna elettorale per le elezioni ultime provinciali, che hanno abolito di fatto il criterio del bisogno reale per i cittadini migranti extracomunitari;
tali norme, infatti, hanno prodotto una secca riduzione di circa un terzo della quota di risorse e di alloggi IPES per i migranti extracomunitari, i quali, con lo scopo di poter continuare a rispettare i requisiti necessari per il permesso di soggiorno, in particolare, quelli legati alla casa, trovandosi in situazione di emergenza economica senza più la concreta possibilità di poter concorrere all'assegnazione di un alloggio IPES, sono stati costretti a rivolgersi ai servizi sociali Comuni e alle associazioni di volontariato;
tale fenomeno è concentrato particolarmente sul Capoluogo e l'attuale situazione è destinata ad aggravarsi a causa della Delibera n. 1885 approvata dalla Giunta provinciale nella seduta del 20.07.2009 che per attuare le norme di legge sopracitate prevede mediante un arbitrario sistema di calcolo della media ponderata tra consistenza numerica dei migranti e fabbisogno, un' ulteriore drastica riduzione delle risorse e degli alloggi disponibili con il risultato che, da oggi alla fine dell'anno la quota di alloggi disponibili è già esaurita e che sono già stati spesi 8,5 milioni di euro sui 10,5 stanziati nel bilancio;
Tutto ciò premesso, considerati gli inaccettabili e disastrosi risultati in termini di emergenza sociale, umana e civile che rischiano di sconvolgere la vita cittadina e di mettere in crisi i servizi e le finanze comunali anche per il 2010, il Consiglio Comunale IMPEGNA la Giunta Comunale a
aprire una trattativa con al Giunta provinciale e in sede di Consorzio dei Comuni, con il coinvolgimento delle forze economiche e sociali, per affrontare l'attuale emergenza e per rivedere complessivamente le norme controproducenti e inaccettabili approvate frettolosamente a ottobre;
verificare la legittimità della delibera della Giunta Provinciale n. 1885 nella parte relativa al calcolo arbitrario della media ponderata tra consistenza numerica della popolazione migrante di origine extracomunitaria e fabbisogno reale, considerato che il calcolo della popolazione e del fabbisogno sono artificiosamente sottostimati.
Consigliere Comunale Guido Margheri
Che amarezza e delusione... Commenti.
@Complimenti, mi sembra un ottimo intervento, ciao luisa
@Per quello che serve sono dalla vostra parte. Ti prego comunica ai firmatari dell’articolo che almeno una famiglia di Merano è dalla loro parte e se mai decideste di aprire un centro culturale o una moschea sotto casa mia ne saremmo onorati e vi pregheremmo di accoglierci (noi e il nostro piccolo figlio di due anni e mezzo) per farci meglio conoscere la vostra cultura e le vostre tradizioni. Spero che gli idioti che ora vi scacciano cambino idea. Se è vero che gli imbecilli sono tanti non cadete nell’errore di credere che siamo tutti così e darla vinta all’odio (i fascisti di Unitalia vogliono aizzare gli italiani contro di voi ma anche voi contro gli italiani). Siamo tutti esseri umani e, per fortuna, moltissimi italiani non sono idioti.
Simpatia e auguri
Aaron Belotti
@comprendo lo stegno espresso da chi si vede negato
il diritto di esprimere e praticare la propria cultura e religione
in un ambiente degno della sua comunità.
ne sono spiaciuto
c´è spazio per tutti.
se ci rispettiamo a vicenda
e se apprezziamo le diversità come ricchezza
e non gìà le stigmatizziamo come pericolo
sempre presupposto
che l´espressione avvenga in modo pacifico,
riconoscendo la Costituzione e le leggi dello Stato,
come valide in tutti i sensi anche per se stessi.
Così io appenderei nelle classi delle scuole ed asili
un simbolo caratteristico per ciascuna cultura / religione
dei bambini / scolari presenti in classe...
non toglierei i crocifissi, ma aggiungerei gli altri simboli...
togliere è negare, è stroncare, comporta mancanza di rispetto
aggiungere significa rispettarsi, apprezzare le diversità,
invitare a conoscersi, a dialogare,
ad accettare la variopinta realtà della vita.
Cordialmente
Karl Trojer, Terlano
@Purtroppo l'ignoranza (la paura dello sconosciuto) e' uno dei mali peggiori e pericolosi di questa societa' e Bolzano ne dimostra l'esistenza in tutta la sua decadenza.. Qui tutto cio' che e' "fuori dal normale" (cosa e chi e' normale?) e "chi non riga dritto" ha la vita assai dura!!! Io come cittadina del mondo e come minuscolo puntino nell'universo solidarizzo totalmente con voi fratelli e sorelle.... Don't give up!!! Franca
@Per quello che serve sono dalla vostra parte. Ti prego comunica ai firmatari dell’articolo che almeno una famiglia di Merano è dalla loro parte e se mai decideste di aprire un centro culturale o una moschea sotto casa mia ne saremmo onorati e vi pregheremmo di accoglierci (noi e il nostro piccolo figlio di due anni e mezzo) per farci meglio conoscere la vostra cultura e le vostre tradizioni. Spero che gli idioti che ora vi scacciano cambino idea. Se è vero che gli imbecilli sono tanti non cadete nell’errore di credere che siamo tutti così e darla vinta all’odio (i fascisti di Unitalia vogliono aizzare gli italiani contro di voi ma anche voi contro gli italiani). Siamo tutti esseri umani e, per fortuna, moltissimi italiani non sono idioti.
Simpatia e auguri
Aaron Belotti
@comprendo lo stegno espresso da chi si vede negato
il diritto di esprimere e praticare la propria cultura e religione
in un ambiente degno della sua comunità.
ne sono spiaciuto
c´è spazio per tutti.
se ci rispettiamo a vicenda
e se apprezziamo le diversità come ricchezza
e non gìà le stigmatizziamo come pericolo
sempre presupposto
che l´espressione avvenga in modo pacifico,
riconoscendo la Costituzione e le leggi dello Stato,
come valide in tutti i sensi anche per se stessi.
Così io appenderei nelle classi delle scuole ed asili
un simbolo caratteristico per ciascuna cultura / religione
dei bambini / scolari presenti in classe...
non toglierei i crocifissi, ma aggiungerei gli altri simboli...
togliere è negare, è stroncare, comporta mancanza di rispetto
aggiungere significa rispettarsi, apprezzare le diversità,
invitare a conoscersi, a dialogare,
ad accettare la variopinta realtà della vita.
Cordialmente
Karl Trojer, Terlano
@Purtroppo l'ignoranza (la paura dello sconosciuto) e' uno dei mali peggiori e pericolosi di questa societa' e Bolzano ne dimostra l'esistenza in tutta la sua decadenza.. Qui tutto cio' che e' "fuori dal normale" (cosa e chi e' normale?) e "chi non riga dritto" ha la vita assai dura!!! Io come cittadina del mondo e come minuscolo puntino nell'universo solidarizzo totalmente con voi fratelli e sorelle.... Don't give up!!! Franca
Gentili signori, chiedo scusa a voi ed a tutta la vostra comunita'.
Gentili signori, chiedo scusa a voi ed a tutta la vostra comunita'. Lo faccio come bolzanino che si vergogna del modo in cui la sua citta' si e' comportata e si sta comportando nei vostri confronti, rinnegando nella sostanza valori di accoglienza e di rispetto che dovrebbero essere automatici. Chiedo scusa anche come giornalista che ha dovuto aspettare questa vostra illuminante lettera che non avreste mai dovuto scrivere se solo il mio mondo dei media avesse fatto meglio la propria parte: le vostre considerazioni ed i vostri sentimenti sarebbero gia' stati conosciuti ed apprezzati.
Si', la campagna elettorale puo' spiegare molto ma non tutto: e' un periodo in cui, purtroppo, si tira fuori il peggio dalle persone.
La strada del rispetto e della convivenza e' spesso lunga e tortuosa. Ed anche la più' faticosa, che richiede tanta energia ma anche tanta pazienza. Ma, da sempre, e' l"unica che ci porta a buoni frutti. Grazie per questa lettera: non siete soli.
Antonio Visentini
Si', la campagna elettorale puo' spiegare molto ma non tutto: e' un periodo in cui, purtroppo, si tira fuori il peggio dalle persone.
La strada del rispetto e della convivenza e' spesso lunga e tortuosa. Ed anche la più' faticosa, che richiede tanta energia ma anche tanta pazienza. Ma, da sempre, e' l"unica che ci porta a buoni frutti. Grazie per questa lettera: non siete soli.
Antonio Visentini
lunedì 8 febbraio 2010
Che amarezza e delusione le ultime polemiche sulla Nuova Moschea di viale Trento !
Spett.Le
CORRIERE DELL'ALTO ADIGE
Che amarezza e delusione le ultime polemiche sulla Nuova Moschea di viale Trento !
Rappresentiamo la Comunita’ Pakistana in Alto Adige, composta ormai da oltre 4000 persone.
Siamo presenti in Alto Adige da oltre 20 anni. Siamo sicuramente una delle 3 Comunita’ straniere piu’ grande.
Siamo stati costretti ad emigrare dal nostro Paese, ed abbiamo scelto di venire a vivere in Alto Adige in quanto la mescolanza di etnie qui presenti pensavamo ci avrebbe accolto meglio che in altre regioni d’Italia.
Avrebbe accolto noi per vivere la nostra vita in serenita’, ed avrebbe dato un futuro ai nostri figli.
Non siamo in Italia per rubare, per spacciare, per far prostituire le nostre mogli. Nessuno dei nostri connazionali si e’ mai distinto per queste attivita’.
Lavoriamo soprattutto nella ristorazione: lavapiatti, camerieri, ma anche cuochi e qualche chef.
A differenza di altre etnie, siamo venuti in Italia per rimanere qui a vivere, e ce la mettiamo tutta per provare ad integrarci al meglio nel tessuto sociale.
Abbiamo sempre rispettato le leggi che sono diventate subito anche le nostre leggi.
Ai nostri figli insegniamo ad amare la terra dove sono nati: l’ Italia.
Nessuno dei nostri connazionali ha mai alzato la voce. Nessuno dei nostri connazionali ha mai dato disturbo.
Siamo un popolo orgoglioso: se vediamo che qualche nostro connazionale fa qualcosa che potrebbe danneggiare il rispetto che avete sempre avuto verso la nostra comunita’, lo riprendiamo subito, riportandolo sulla retta via.
Ora Bolzano, dopo tanti anni di perfetta convivenza e di rispetto reciproco, ci accoltella alle spalle. Perche’ ?
Forse perche’ siamo in un periodo elettorale, e fa comodo a qualcuno apparire in prima pagina, quale paladino nella protezione di che cosa ?
Perche’ nessuno dei Bolzanini dice niente in nostro favore ?
Non abbiamo mai fatto del male a nessuno.
Perche’ proprio ora la nostra presenza spaventa cosi tanto i bolzanini ?
Sono oltre 8 anni che preghiamo in Viale Trento a Bolzano, cosi come in altri luoghi a Bolzano.
Nessuno, fino ad oggi, dei vicini di Viale Trento, si era mai lamentato di noi. Non abbiamo creato alcun tipo di disturbo, alcun rumore.
Fino a quando abbiamo deciso di acquistare ( senza chiedere a nessuno dei soldi ) uno spazio un po’ piu’ grande, capace di accogliere una trentina di persone.
Sfortunatamente, il momento che abbiamo scelto per acquistare questo immobile coincide proprio con la campagna elettorale.
Da questo momento sono incominciati, per noi, i guai: articoli sui giornali, sit-in, proteste, addirittura la televisione.
Esultate e festeggiate con striscioni come se aveste vinto il Mondiale di calcio, facendovi fotografare sorridenti come dei vip.
Per quale motivo dovete umiliarci in questo modo ? Avete sconfitto una squadra avversaria? Avete ucciso una preda e vi fotografate accanto ?
Vi nascondete dietro ai termini quali “tutela e patrocinio dei legittimi interessi dei cittadini…attraverso la ricerca ed il confronto …dialogo aperto … dando spazio e voce alla gente”; parlate inoltre di “ essere contro alla moschea perche’ inserita all’interno di un caseggiato”.
Tutto cio’ e ‘ semplicemente falso: nessuno di noi e’ mai stato in alcun modo interpellato e quindi alcun confronto e’ mai stato richiesto.
Anche noi siamo dei cittadini. A differenza vostra, pero’ non abbiamo voce.
Quella che voi chiamate “moschea” e’ per noi un centro culturale, creato per ricordare a noi ed ai nostri figli le nostre origini.
Il fatto che soprattutto nella giornata del venerdi possa venir utilizzata anche per pregare non significa che noi all’interno vi facciamo propaganda politica per Osama Bin Laden o che vi costruiamo delle bombe, o arruoliamo dei kamikaze per gli attentati sugli aeroplani.
La Signora Adele Bacchiega, come scrive, puo’ “da oggi finalmente vivere tranquilla ed asciugarsi le lacrime”.
I delinquenti pakistani non pregheranno sotto alle sue finestre.
Potra’ vivere tranquillo anche il proprietario dell’appartamento che si trova proprio sopra il locale che avremmo destinato a centro culturale, messo immediatamente in vendita. Da questa notizia probabilmete trarra’ un profitto maggiore.
I delinquenti pakistani non pregheranno sotto alle sue finestre.
Potra’ vivere tranquillo il consigliere di Unitalia Luigi Schiatti: e’ “la Sua vittoria e quella del Suo Comitato di Viale Trento”: rivendica lui a gran voce il Merito del ritiro del progetto.
Da oggi tutti sapranno che stato lui a Bolzano a riportare l’Ordine.
Potra’ vivere tranquilla Maria Luisa Cologna: “scampato pericolo”, come lei dice.
I delinquenti pakistani non pregheranno sotto alle sue finestre.
Anche Dario Schanung ci informa tramite la carta stampata che non mollera’: “non si puo’ mettere una moschea in mezzo alle case”
Non dimentichi pero’ ne’ Dario Schanung ne’ Luigi Schiatti che proprio Bolzano promuove la creazione di centri religiosi quale la Nuova Chiesa nel quartiere Firmian, appunto al piano terra di un palazzo destinato ad abitazioni.
Troviamo veramente triste e non degno di rispetto un comportamento di alcuni, capace di infondere nella gente comune il sentimento di paura per gli stranieri.
E’ un comportamento che purtroppo in altri stati e tempi ha portato a dei risvolti drammatici per quelli che venivano considerati diversi da loro: e’ un comportamento pericoloso.
Veramente non capiamo il motivo per il quale avete paura di noi.
Nessuno ce l’ha ancora mai detto.
Pensateci bene, Cari Concittadini.
Mettetevi una mano sul cuore ( che sia a sinistra o a destra ) la prossima volta che cenate in un ristorante tipico di Bolzano: con tutta probabilita’ i Canederli allo Speck o la Salsa Bolzanina degli Asparagi che avete ordinato sono stati preparati dagli stessi pakistani ai quali il giorno prima avete sputato in faccia.
Associazione Jinnah Pakistan - Bolzano -
Anwar Shahid – Commerciante ( Bolzano )
Pervez Akhtar – Ristoratore ( Bolzano )
Tasswar Iqbal – Libero Professionista ( Bolzano )
CORRIERE DELL'ALTO ADIGE
Che amarezza e delusione le ultime polemiche sulla Nuova Moschea di viale Trento !
Rappresentiamo la Comunita’ Pakistana in Alto Adige, composta ormai da oltre 4000 persone.
Siamo presenti in Alto Adige da oltre 20 anni. Siamo sicuramente una delle 3 Comunita’ straniere piu’ grande.
Siamo stati costretti ad emigrare dal nostro Paese, ed abbiamo scelto di venire a vivere in Alto Adige in quanto la mescolanza di etnie qui presenti pensavamo ci avrebbe accolto meglio che in altre regioni d’Italia.
Avrebbe accolto noi per vivere la nostra vita in serenita’, ed avrebbe dato un futuro ai nostri figli.
Non siamo in Italia per rubare, per spacciare, per far prostituire le nostre mogli. Nessuno dei nostri connazionali si e’ mai distinto per queste attivita’.
Lavoriamo soprattutto nella ristorazione: lavapiatti, camerieri, ma anche cuochi e qualche chef.
A differenza di altre etnie, siamo venuti in Italia per rimanere qui a vivere, e ce la mettiamo tutta per provare ad integrarci al meglio nel tessuto sociale.
Abbiamo sempre rispettato le leggi che sono diventate subito anche le nostre leggi.
Ai nostri figli insegniamo ad amare la terra dove sono nati: l’ Italia.
Nessuno dei nostri connazionali ha mai alzato la voce. Nessuno dei nostri connazionali ha mai dato disturbo.
Siamo un popolo orgoglioso: se vediamo che qualche nostro connazionale fa qualcosa che potrebbe danneggiare il rispetto che avete sempre avuto verso la nostra comunita’, lo riprendiamo subito, riportandolo sulla retta via.
Ora Bolzano, dopo tanti anni di perfetta convivenza e di rispetto reciproco, ci accoltella alle spalle. Perche’ ?
Forse perche’ siamo in un periodo elettorale, e fa comodo a qualcuno apparire in prima pagina, quale paladino nella protezione di che cosa ?
Perche’ nessuno dei Bolzanini dice niente in nostro favore ?
Non abbiamo mai fatto del male a nessuno.
Perche’ proprio ora la nostra presenza spaventa cosi tanto i bolzanini ?
Sono oltre 8 anni che preghiamo in Viale Trento a Bolzano, cosi come in altri luoghi a Bolzano.
Nessuno, fino ad oggi, dei vicini di Viale Trento, si era mai lamentato di noi. Non abbiamo creato alcun tipo di disturbo, alcun rumore.
Fino a quando abbiamo deciso di acquistare ( senza chiedere a nessuno dei soldi ) uno spazio un po’ piu’ grande, capace di accogliere una trentina di persone.
Sfortunatamente, il momento che abbiamo scelto per acquistare questo immobile coincide proprio con la campagna elettorale.
Da questo momento sono incominciati, per noi, i guai: articoli sui giornali, sit-in, proteste, addirittura la televisione.
Esultate e festeggiate con striscioni come se aveste vinto il Mondiale di calcio, facendovi fotografare sorridenti come dei vip.
Per quale motivo dovete umiliarci in questo modo ? Avete sconfitto una squadra avversaria? Avete ucciso una preda e vi fotografate accanto ?
Vi nascondete dietro ai termini quali “tutela e patrocinio dei legittimi interessi dei cittadini…attraverso la ricerca ed il confronto …dialogo aperto … dando spazio e voce alla gente”; parlate inoltre di “ essere contro alla moschea perche’ inserita all’interno di un caseggiato”.
Tutto cio’ e ‘ semplicemente falso: nessuno di noi e’ mai stato in alcun modo interpellato e quindi alcun confronto e’ mai stato richiesto.
Anche noi siamo dei cittadini. A differenza vostra, pero’ non abbiamo voce.
Quella che voi chiamate “moschea” e’ per noi un centro culturale, creato per ricordare a noi ed ai nostri figli le nostre origini.
Il fatto che soprattutto nella giornata del venerdi possa venir utilizzata anche per pregare non significa che noi all’interno vi facciamo propaganda politica per Osama Bin Laden o che vi costruiamo delle bombe, o arruoliamo dei kamikaze per gli attentati sugli aeroplani.
La Signora Adele Bacchiega, come scrive, puo’ “da oggi finalmente vivere tranquilla ed asciugarsi le lacrime”.
I delinquenti pakistani non pregheranno sotto alle sue finestre.
Potra’ vivere tranquillo anche il proprietario dell’appartamento che si trova proprio sopra il locale che avremmo destinato a centro culturale, messo immediatamente in vendita. Da questa notizia probabilmete trarra’ un profitto maggiore.
I delinquenti pakistani non pregheranno sotto alle sue finestre.
Potra’ vivere tranquillo il consigliere di Unitalia Luigi Schiatti: e’ “la Sua vittoria e quella del Suo Comitato di Viale Trento”: rivendica lui a gran voce il Merito del ritiro del progetto.
Da oggi tutti sapranno che stato lui a Bolzano a riportare l’Ordine.
Potra’ vivere tranquilla Maria Luisa Cologna: “scampato pericolo”, come lei dice.
I delinquenti pakistani non pregheranno sotto alle sue finestre.
Anche Dario Schanung ci informa tramite la carta stampata che non mollera’: “non si puo’ mettere una moschea in mezzo alle case”
Non dimentichi pero’ ne’ Dario Schanung ne’ Luigi Schiatti che proprio Bolzano promuove la creazione di centri religiosi quale la Nuova Chiesa nel quartiere Firmian, appunto al piano terra di un palazzo destinato ad abitazioni.
Troviamo veramente triste e non degno di rispetto un comportamento di alcuni, capace di infondere nella gente comune il sentimento di paura per gli stranieri.
E’ un comportamento che purtroppo in altri stati e tempi ha portato a dei risvolti drammatici per quelli che venivano considerati diversi da loro: e’ un comportamento pericoloso.
Veramente non capiamo il motivo per il quale avete paura di noi.
Nessuno ce l’ha ancora mai detto.
Pensateci bene, Cari Concittadini.
Mettetevi una mano sul cuore ( che sia a sinistra o a destra ) la prossima volta che cenate in un ristorante tipico di Bolzano: con tutta probabilita’ i Canederli allo Speck o la Salsa Bolzanina degli Asparagi che avete ordinato sono stati preparati dagli stessi pakistani ai quali il giorno prima avete sputato in faccia.
Associazione Jinnah Pakistan - Bolzano -
Anwar Shahid – Commerciante ( Bolzano )
Pervez Akhtar – Ristoratore ( Bolzano )
Tasswar Iqbal – Libero Professionista ( Bolzano )
Vite in viaggio
Sugli autobus di Trento
Vite in viaggio
Nel mese di febbraio troverete 100 cartelli colorati sugli autobus di Trento. Sono emozioni e riflessioni che il Gioco degli Specchi ha selezionato dalle sue letture, lampi che illuminano vite di persone migranti. Raccontano in poche righe storie di migrazione italiana e straniera. Il Gioco degli Specchi usa le parole degli scrittori che ha conosciuto in questi anni per ricordare che gli immigrati sono persone con sentimenti e desideri. Così come lo erano gli emigrati italiani. Con l'augurio di una nuova primavera di convivenza. Info: www.ilgiocodeglispecchi.org
Rotte clandestine
Parte oggi il fumetto “Rotte clandestine”, che sarà pubblicato a puntate sul sito www.immigrationflows.net e vi terrà compagnia per diversi mesi. Le vicende narrate ruotano intorno alla storia di Paemër, trafficante di immigrati. Scopo dell’iniziativa è di informare e sensibilizzare sul tema dell’immigrazione clandestina in una maniera diversa, che sia gradevole oltre che esauriente e coinvolga direttamente i lettori facendoli entrare in empatia coi personaggi presentati. L’esigenza primaria che ci ha spinto ad intraprenderla è la volontà di fare chiarezza su un tema di cui tantissimi parlano ma di cui pochi sanno; la stessa, in fondo, che ha portato alla nascita di “Immigration Flows”. La storia parte dalla rivolta di Valona del 1999, evento paradigmatico per comprendere la complessità del fenomeno di cui ci occupiamo, sicuramente maggiore rispetto alle banalizzazioni e semplificazioni offerte dai media generalisti. Ma è solo il primo passo di un’avventura che speriamo possa appassionarvi e darvi qualche coordinata in più per orientarvi tra le intricate rotte dell’immigrazione. Altre informazioni sul sito attento ai panorami dell'emigrazione contemporanea www.immigrationflows.net
Karin Girotto
Autonome Provinz Bozen - Südtirol · Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige
Abteilung Arbeit · Ripartizione Lavoro
Koordinierungsstelle für Einwanderung · Servizio coordinamento immigrazione
via Kanonikus Michael Gamper Str. 1
39100 Bz
Tel. 0039 (0) 0471 418590
karin.girotto@provinz.bz.it
Vite in viaggio
Nel mese di febbraio troverete 100 cartelli colorati sugli autobus di Trento. Sono emozioni e riflessioni che il Gioco degli Specchi ha selezionato dalle sue letture, lampi che illuminano vite di persone migranti. Raccontano in poche righe storie di migrazione italiana e straniera. Il Gioco degli Specchi usa le parole degli scrittori che ha conosciuto in questi anni per ricordare che gli immigrati sono persone con sentimenti e desideri. Così come lo erano gli emigrati italiani. Con l'augurio di una nuova primavera di convivenza. Info: www.ilgiocodeglispecchi.org
Rotte clandestine
Parte oggi il fumetto “Rotte clandestine”, che sarà pubblicato a puntate sul sito www.immigrationflows.net e vi terrà compagnia per diversi mesi. Le vicende narrate ruotano intorno alla storia di Paemër, trafficante di immigrati. Scopo dell’iniziativa è di informare e sensibilizzare sul tema dell’immigrazione clandestina in una maniera diversa, che sia gradevole oltre che esauriente e coinvolga direttamente i lettori facendoli entrare in empatia coi personaggi presentati. L’esigenza primaria che ci ha spinto ad intraprenderla è la volontà di fare chiarezza su un tema di cui tantissimi parlano ma di cui pochi sanno; la stessa, in fondo, che ha portato alla nascita di “Immigration Flows”. La storia parte dalla rivolta di Valona del 1999, evento paradigmatico per comprendere la complessità del fenomeno di cui ci occupiamo, sicuramente maggiore rispetto alle banalizzazioni e semplificazioni offerte dai media generalisti. Ma è solo il primo passo di un’avventura che speriamo possa appassionarvi e darvi qualche coordinata in più per orientarvi tra le intricate rotte dell’immigrazione. Altre informazioni sul sito attento ai panorami dell'emigrazione contemporanea www.immigrationflows.net
Karin Girotto
Autonome Provinz Bozen - Südtirol · Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige
Abteilung Arbeit · Ripartizione Lavoro
Koordinierungsstelle für Einwanderung · Servizio coordinamento immigrazione
via Kanonikus Michael Gamper Str. 1
39100 Bz
Tel. 0039 (0) 0471 418590
karin.girotto@provinz.bz.it
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